Riconoscimento di se’ e auto-stima - Elisabetta Venturini
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Riconoscimento di se’ e auto-stima

In questo articolo intendo darti alcuni spunti di riflessione partendo dalla mia esperienza personale.

Sono cresciuta in un ambiente molto stimolante: i viaggi e le visite a musei e chiese che mi hanno educata al bello, stare nella natura, il rispetto di tutte le creature, la possibilità di provare molti e diversissimi sport e molto altro ancora.

I sacrifici dei miei genitori, il loro impegno mi hanno permesso di essere la persona che sono e per questo non potrò mai ringraziarli abbastanza. La mia famiglia, genitori, zii e zie, nonni mi hanno insegnato, tra le tante, alcune cose che sono state e tutt’ora fanno parte del mio motore motivazionale: l’eccellenza, la curiosità, l’approfondimento e l’impegno, la cura degli altri.

Questo, associato al mio carattere di base, mi ha sempre spinta ad andare oltre, a sfidare me stessa a cercare di “fare le cose per bene, perché o si fanno bene oppure è meglio lasciar perdere”.

Questo è stato una sorta di mantra negli anni della mia formazione che mi ha spinta e sostenuta ed è stato nel contempo una zavorra perché si è anche tramutato in “non è mai abbastanza, non sto facendo abbastanza, potrei fare, essere molto di più di questo” e ha minato in una certa misura la mia autostima e la mia accettazione di me e del mio valore.

In questi anni mi sono data la possibilità di lavorare su me stessa in un percorso di consapevolezza, conoscenza e presa di responsabilità delle mie emozioni, del mio dialogo interiore, di come mi sento rispetto agli avvenimenti che la Vita mi propone. Ho chiesto aiuto, sentivo che da sola avrei potuto perdermi.

Percorrendo questo sentiero ho incontrato diversi professionisti: un terapista energetico, alcuni coach, gli insegnanti con i quali ho acquisito le competenze che ho oggi. Alcune di queste persone sono diventate anche amici, fratelli e sorelle, a tratti allievi e maestri di Via.

Ho ascoltato, osservato ciò che vivevo costantemente: il peso dell’insoddisfazione generata dal quel bisogno di perfezionismo, di eccellenza e controllo compulsivi per dimostrare di essere migliore e di potermi accettare, volermi bene, farmi voler bene. Che il bene va meritato, è condizionato ad essere, fare la ‘brava bambina’ e rispettare le aspettative -mie e degli altri.

Durante questo percorso mi sono stati suggeriti alcuni strumenti che mi hanno aiutata a fare chiarezza a mettere dei mattoni, a riconoscermi ciò che faccio, ciò che sono. Altri li ho trovati da me, mettendo assieme le tessere di una mappa che sia fa sempre più dettagliata.

In uno di questi incontri fui colpita da una considerazione che mi venne fatta: “L’auto-stima acquisita è un sentimento, uno stato che puoi alimentare. E’ la percezione della propria efficacia rispetto ad obiettivi raggiungibili in linea con il livello di eccellenza del momento. E’ il valore che riconosci a te stessa, non dipende dagli altri” e per me che ero abituata a considerare tutti i traguardi raggiunti come ‘normali’ e a dipendere dal riscontro altrui, dalla loro approvazione fu una illuminazione.

Era arrivato il momento che smettessi di appaltare ad altri il mio valore.

Mi propose un semplice esercizio: tieni un diario e annota i tuoi successi, le tue scelte, le tue decisioni, i compiti che ti sei data o che ti hanno affidato -piccoli o grandi che siano- in qualsiasi ambito della tua vita. Prendi un foglio e dei pennarelli, disegna una piramide vuota e ogni volta che annoti una di quelle cose sul diario disegna un mattone e dopo un certo numero di mattoni che stabilirai a priori -sennò finisce che il traguardo continui a spostarlo- fatti un piccolo regalo, un segno di riconoscimento per quanto svolto, per l’impegno, per il tuo valore. Un piccolo gesto: un gelato nella gelateria che ti piace di più, un indumento che desideri, un giro dal parrucchiere, un pomeriggio con una amica…

Un altro paio di strumenti li ho maturati abbastanza recentemente.

Il primo è la pazienza: hai impiegato così tanti anni ad essere così come sei che puoi darti un po’ di tempo per cambiare, che agitarti e stufarti per il fatto che non riesci a trasformare tutto e subito ti porta a perdere energie, a cadere in una spirale che ti porta ancora più lontano dal tuo obiettivo.

Il secondo è la gentilezza: sorridere a se stessi così come farebbe un amico, una amica. Il migliore nemico di noi stessi siamo noi stessi, se cominci a guardarti in cagnesco a criticare qualsiasi cosa tu faccia la buca sarà sempre più profonda. Credo che occorra un po’ di amore, in questo frangente non parlo dell’Amore con la A maiuscola, parlo dell’amore dell’amica/o che non giudica, della sorella, del fratello della persona nella quale confidi che ti dice ‘va bene così, la prossima volta andrà ancora meglio’ e che puoi essere solo tu in definitiva a concederti la gentilezza.

Ho sperimentato tutto questo sulla mia pelle, lo sto facendo sperimentare. Funziona.

Guarda l’albero di Sakura, il ciliegio: quanto tempo gli serve per uscire dal seme, bucare la terra, radicarsi, elevarsi e proiettare i suoi rami pieni di foglie e fiori al cielo e in un attimo spogliarsi del suo bel manto regalandolo al vento, per rinascere alla successiva stagione…

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2 Comments
  • Lory
    Posted at 08:09h, 10 Giugno Rispondi

    Ciao Sorella. Complimenti per l’articolo. Lo trovo molto veritiero e utile a persone che si sono un pochino perse e non sanno da dove cominciare per ritrovare ed Amare Se Stesse, nella loro interezza. Un abbraccio. Lory

    • Elisabetta Venturini
      Posted at 08:37h, 10 Giugno Rispondi

      Grazie Lory, è una gioia avere la tua opinione e sapere di poter essere di aiuto. Un abbraccio

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